Improcrastinabile la nascita di un partito sturziano

Mai creduto nel valore “salvifico” della politica o, peggio, di un partito. E passi che ci abbiano creduto, per lunghi decenni,  milioni di comunisti (qualcuno ci crede pure oggi) ma noi cristiani cattolici proprio no: è Cristo il Salvatore del mondo, l’unico Salvatore del mondo, “ieri, oggi e sempre”.

scudo ppi

Quindi guardiamoci da certe tentazioni di “risolvere tutto” con l’azione politica, con la militanza nei partiti, con l’impegno in tale ambito. Sono cose buone ed utili ma ricordiamo che “invano fatica il costruttore se il Signore non costruisce la casa”. E pertanto guai a mitizzare uomini politici, ideologie, partiti. Se dico questo è perché, purtroppo, ciò avviene. E non è il caso di fare esempi: siamo reduci da una sconclusionata campagna elettorale dove abbiamo visto settarismi assolutamente inopportuni –anzi: sbagliati- per dei cattolici.

Senza nessun messianismo crediamo che sia il caso di unire, in qualche modo, l’azione di singole persone che credono fortemente nei valori della vita, della famiglia, del matrimonio (Sacramento) indissolubile, del bene comune, della libertà di educazione e della libertà di religione da cui dipendono tutte le altre libertà.

Quest’ultima era una ferma convinzione di don Luigi Sturzo che, per quanto egli si ritenesse un Sacerdote (e “non un politico”, diceva) resta indiscutibilmente il più grande uomo politico che l’Italia abbia avuto.

Sturzo sorridente

Ogni attività di aggregazione di uomini e donne che credono nei principi non negoziabili e che vogliano portarli nelle Istituzioni (dai Consigli Comunali al Parlamento nazionale) non può prescindere da Sturzo.

La dimostrazione di questo è data da un fatto storico: la Democrazia Cristiana è andata in crisi (e poi miseramente crollata, fallita) proprio perché ha ritenuto di poter fare a meno dell’insegnamento e dell’esempio sturziano.

Il partito popolare di Sturzo resta ancora oggi un modello, un esempio e la via da seguire. Tutti sappiamo che Sturzo non ha voluto mai “un partito confessionale” ma questa cosa è diventato uno “slogan” attraverso il quale si è scristianizzata anche la politica ed anche la diccì. Basterebbe leggere gli scritti di Augusto Del Noce, di Eugenio Corti, di Giancarlo Morra oltre che gli ammonimenti che lo stesso Sturzo indirizzò alla Democrazia Cristiana finché ha avuto fiato.

Infine una raccomandazione molto importante: va di moda lo slogan “né destra né sinistra” (un partitino lo ha riusato in questa campagna elettorale. Coi risultati che tutti sappiamo). Quello del “centrismo assoluto” è una favola: ero giovane universitario quando l’agonizzante diccì si divideva (come ricorderete nacquero il PPI ed il CDU : entrambi oggi morti e sepolti) e, come si dice, volavano gli stracci mi colpì un manifesto con la quale il PPI inondò le città: “né destra, né sinistra: il Veneto è popolare”. Sappiamo poi come finì: il PPI aderì all’Ulivo dossettiano (già allora modernista e pertanto eretico. Eretico senza virgolette)  e dopo vari cambi di nome confluì nel PD che è l’erede diretto del PCI.

Per la cronaca il Segretario Regionale della DC veneta (e poi del PPI) era Maria Rosaria Bindi, detta anche Rosy. Che non è propriamente una sturziana e neppure, diciamolo, una persona in linea col Magistero della Chiesa (fu lei, tra le altre cose, a parlare dei “Dico” sulla scia dei “Pacs” francesi. Come dire: prima della Cirinnà fu una donna della diccì –peraltro, mi dicono, una Consacrata. Come lo era Scalfaro, come lo era Dossetti, come lo era Buonaiuti, come lo era Murri- a prefigurare le unioni omosessuali. Vogliamo perseverare nello stesso errore? Io no. Io credo che debba nascere un partito popolare, un partito popolare sturziano.

cosimo de matteis

La favola del “centrismo assoluto” di Sturzo

L’espressione “liberi e forti” di Sturzo è una delle più abusate nella storia della politica italiana. Se ne sono, indebitamente, impadroniti un po’ tutti. Persino qualche grillino ora si scopre sturziano! Ovvio che la cosa faccia ridere ma questo è il livello raggiunto dalla politica italiana, specchio purtroppo fedele della società.

L’altro equivoco, da spazzare via definitivamente, è la sostanziale equiparazione fra il Partito Popolare di Sturzo e la DC. Due cose diverse.

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C’è persino chi ritiene Sturzo il fondatore della Democrazia Cristiana e chi lo allinea sul “pantheon” assieme a La Pira e Moro, suoi feroci avversari e soprattutto padri di quel centrosinistra che ha sfaldato la politica italiana e favorito la scristianizzazione della società.

L’altro equivoco da eliminare è il “centrismo assoluto” di Sturzo: il Sacerdote siciliano si è trovato ad operare in un contesto nel quale quello del “centro” (beninteso: fra virgolette. Ed anzi si accolgono volontari che vorranno spiegarci cosa è il “centro”) fu una scelta quasi obbligata: aveva alla “sinistra” un nascente socialismo furioso (che poi si sarebbe sdoppiato e dato vita al sulfureo comunismo) ed alla “destra” un nascente fascismo (regime illiberale cui è impossibile guardare con simpatia ed indulgenza, anche oggi) e quella destra liberale che di “destra” e di “liberale” aveva solo il nome: era solo e soltanto massoneria, lo sanno tutti. Ed ora lo sai pure tu.

Per ora ci fermiamo qui. Noi siamo fortemente debitori a chi il pensiero di Sturzo ce lo ha trasmesso: per ragioni anagrafiche nessuno ha potuto conoscerlo di persona. Ma non accettiamo lezioni da chi colloca Sturzo e/o improbabili “movimenti sturziani” con le elite bancarie.

Nessuna demonizzazione del capitalismo e del libero mercato: una società si fonda sulle libertà. Libertà di religione, la prima di tutte le libertà. E quindi libertà di educazione, mercato libero con poche regole, proprietà privata legittima e sacrosanta.

Ma si trascura il giusto –e sottolineo: giusto- rigore morale di Sturzo. Che è quanto mai necessario ancora oggi. Anzi, oggi più di ieri. E’ intollerabile che chi vive situazioni familiari irregolari (concubinaggio, adulterio, omosessualità proclamata) possa farsi portavoce delle istanze sturziane. Che non ha mai voluto un partito confessionale, è vero. Ma non si mai sognato di ammettere nel suo partito degli sporcaccioni immorali.

Torniamo a Sturzo, quindi. Ma con queste attenzioni. Sennò ogni “rinascimento popolare” rischia di diventare una barzelletta. Che non fa neppure ridere.

 

STEFANO PARISI: SERIETÀ E COMPETENZA AL GOVERNO DELLA REGIONE LAZIO

Alla chiusura della campagna elettorale Giovanni Palladino, Segretario del Movimento Sturziano “Servire l’Italia” fa delle considerazioni. E bisogna dire che non fa sconti a nessuno. Con garbo ma le suona e le canta un po’ a tutti. A chi legge il compito di condividere o meno. Ma il centro delle sue riflessioni riguardano il Candidato del centrodestra a Presidente della Regione Lazio ossia Stefano Parisi leader di EPI – Energie per l’Italia verso cui Palladino compie un vero e proprio endorsement (“è un professionista della buona amministrazione, sia nel settore privato che in quello pubblico, dove ha lavorato con ottimi risultati per circa 40 anni, acquisendo quella esperienza del ben fare che ogni uomo politico dovrebbe avere prima di presentarsi agli elettori”). 

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Prima di lasciarvi alle parole di Palladino un piccolo inciso riguardo Matteo Salvini verso il quale egli scrive “Ma sarà disposto a riprendersi in casa la prima moglie?” con un chiaro riferimento alla situazione coniugale irregolare del leader della Lega. Nulla da eccepire. Anzi: finalmente qualcuno dice chiare queste cose. Una decina d’anni fa, in privato, feci delle considerazioni analoghe riguardo Casini. E Palladino mi rispose che Casini, sebbene adultero,  -cito a memoria e spero di non sbagliare- era comunque un uomo politico di spicco e  genero di uno dei più grandi imprenditori italiani. Confesso che ancora oggi ho difficoltà a capire quella risposta. E comunque sia: ben venga tale opera di trasparenza sulla morale degli uomini politici. Personalmente è un quarto di secolo che mi batto con tale preciso obiettivo. Avrò da oggi un “alleato” in Palladino? Lo spero!

 

STEFANO PARISI: SERIETÀ E COMPETENZA AL GOVERNO DELLA REGIONE LAZIO

di Giovanni Palladino 

Credo che mai come in questa campagna elettorale sia emersa con tanta chiarezza la scandalosa “leggerezza” della nostra classe politica, sia a destra che a sinistra. Il record negativo è stato battuto da Di Maio con una lunga serie di ‘gaffe’, fra le quali l’idea di comunicare in anticipo a Mattarella la composizione del suo governo, anche se non è affatto scontato che il leader grillino sarà chiamato  per primo a tentare di comporlo. È comunque un’utopia pensare che questo eventuale tentativo possa avere successo, perché Di Maio dice che i partiti, ai quali si dovrà per forza rivolgere per avere la maggioranza, dovranno sostenere il suo governo senza richiedere alcuna poltrona ministeriale. Ma i “soccorritori” non lo accetteranno.

Poi ha scelto come slogan elettorale tre verbi: PARTECIPA, SCEGLI, CAMBIA. Ma non sono
verbi coniugati democraticamente dalla numerosa base della piattaforma Rousseau, che non ha avuto alcuna voce in capitolo nella scelta degli sconosciuti papabili al governo Di Maio.
Salvini giura non solo sulla Costituzione (atto che dovrebbe comunque fare davanti a Mattarella), ma anche sul Vangelo: “Come capo del governo mi impegno a rispettare i loro valori e i loro principi” ha detto. Ma sarà disposto a riprendersi in casa la prima moglie? Don Sturzo sosteneva che l’uomo politico non poteva disporre del privilegio di avere due morali, una privata a suo piacimento e una pubblica irreprensibile o viceversa. La morale è una sola e deve essere davvero… morale.
Berlusconi, tra una barzelletta e l’altra, ammonisce gli elettori di non cadere nella trappola dell’inesperienza di Di Maio, ma la storia ci dice che la sua esperienza in politica non ha dato grandi risultati. E nel suo partito non sono mai emersi validi eredi, l’unico erede è sempre lui, vita natural durante. Giorgia Meloni soffre del complesso di trovarsi tra Scilla e Cariddi, e vorrebbe smarcarsi dalla “stretta”. Va a farsi bella in Ungheria con Orban. Bel messaggio europeo…

La sinistra è in piena diaspora per il crollo della sua vecchia identità, che la storia ha dimostrato essere in contraddizione con la cultura della libertà responsabile. È probabile che gran parte degli assenteisti del 4 marzo verranno dai vecchi elettori di quel mondo antico. Renzi lo voleva rottamare, ma finirà per essere rottamato anche lui per mancanza di tatto e soprattutto per scarsa profondità di pensiero. Il 18 gennaio scorso a Caltagirone ha proclamato: “Noi liberi e forti vinceremo!”. Ma non ha mai letto una riga del pensiero sturziano…

In un tale gran caos di “leggerezza” e confusione, emerge in positivo la serietà e la competenza di Stefano Parisi, candidato alla presidenza della Regione Lazio. Parisi non è un professionista della politica, ma è un professionista della buona amministrazione, sia nel settore privato che in quello pubblico, dove ha lavorato con ottimi risultati per circa 40 anni, acquisendo quella esperienza del ben fare che ogni uomo politico dovrebbe avere prima di presentarsi agli elettori.

Stefano Parisi è il serio e competente professionista che ogni elettore vorrebbe vedere alla guida di un governo locale, regionale o nazionale. Lo voterò e per il bene della Regione Lazio mi auguro che vinca. La sua vittoria sarebbe un bel messaggio di speranza per l’inizio di un positivo cambiamento della politica in Italia. Basta con i ladri, con gli incompetenti, con i comici e con le ballerine!

Buon compleanno don Luigi!

E’ certamente un felice compleanno per don Luigi Sturzo in questo 2017: la Chiesa è sulla strada del riconoscimento ufficiale della sua santità. E quando ciò avverrà –la Beatificazione-  si creerà quel virtuoso circolo che Giuseppe Palladino aveva già immaginato e che lo spinse a contattare Mons. Giuliani acchè raccogliesse le testimonianze utili per avviare la Causa.

Don Sturzo sarà così sempre più conosciuto –già questo è avvenuto negli ultimi due decenni, soprattutto grazie alla attivista del Centro Internazionale Studi Sturzo- ed è così che potrà nuovamente “guidare” la politica italiana che del pensiero di un grande statista come Sturzo ha urgente bisogno.

STURZO - Con cotta
Servo di Dio DON LUIGI STURZO                                          (Caltagirone 26 Novembre 1871     Roma 8 Agosto 1959)

La santità di don Luigi Sturzo nelle parole dei papi

G23

“Don Luigi Sturzo non ha nulla da rimproverarsi. Altri dovrebbero chiedere perdono a lui. La Chiesa lo ringrazia per l’esempio di preclare virtù sacerdotali, l’onore resole con i suoi studi, le sue pubblicazioni, la sua generosa ed eroica accettazione dell’esilio e soprattutto di aver sempre lottato con amore e perdonato evangelicamente”.

 

GP2 - official

“La vita, l’insegnamento e l’esempio di Don Luigi Sturzo – il quale nella piena fedeltà al suo carisma sacerdotale seppe infondere non solo nei siciliani ma nei cattolici italiani il senso del diritto-dovere della partecipazione alla vita politica e sociale alla luce dell’insegnamento della Chiesa – siano presenti ed ispirino il loro apostolato di evangelizzazione e di promozione umana.”

 

B16 - official

“L’esempio luminoso del Servo di Dio don Luigi Sturzo e la sua testimonianza di amore, di libertà e di servizio al popolo sia stimolo e incoraggiamento per tutti i cristiani, e specialmente per quanti operano in campo sociale e politico perché diffondano, con la loro coerente testimonianza, il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa.”

STURZO - Giovane Sacerdote (2)
Servo di Dio Don Luigi Sturzo (1871 – 1959)

LA LEZIONE DEL “VENERATO MAESTRO” : DON STURZO VERSO LA SANTITÀ

Siamo ad una importante Vigilia: la chiusura ufficiale della fase diocesana della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del servo di Dio don Luigi Sturzo. Ciò avverrà domani, venerdì 24 Novembre 2017, presso la Sala della Conciliazione del Vicariato di Roma a Piazza San Giovanni in Laterano.

Con una certa trepidazione ma con grande gaudio spirituale viviamo tale attesa, vegliando e pregando. E ci pare opportuno ricordare queste parole di Sturzo:

Sono un uomo libero da qualsiasi

interesse terreno, economico o politico;

libero perché nulla temo, nulla spero,

nulla desidero che sia nell’ordine

di questo mondo.

Parlo, scrivo, combatto perché sono un

uomo libero e perché ho difeso e

difenderò fino a che avrò fiato la libertà…

La libertà si conquista ogni giorno,

la battaglia comincia con l’uomo e non

finisce che con l’uomo…

STURZO - DISEGNO DI GIUSEPPE PALLADINO

L’immagine -di scarsa qualità, e ce ne scusiamo- è una foto da noi realizzata con mezzi di fortuna di un bel disegno posto prima del frontespizio di una breve ma ricca pubblicazione: è un volumetto, edito da la nuova cultura editrice, nel 1993. Intitolato “L’umanità di Don Sturzo” il libricino riporta una intervista al professor Giuseppe Palladino realizzata dalla Rai all’economista che di Sturzo fu esecutore testamentario ma soprattutto “fedele discepolo” di colui che definiva, senza nessuna enfasi, il suo venerato maestro. Ci pare giusto ricordare così la persona che, per prima, ha fortemente creduto nella santità di Sturzo e che pensò alla necessità di introdurre la Causa di Beatificazione. Oggi, dal Cielo, gioisce pure lui.

Sturzo verso la Santità: il nuovo libro di Giovanni Palladino

E’ edito da Rubbettino il nuovo libro di Giovanni Palladino. E non è un libro “qualunque”. Il volume è una succosa sintesi di ben ventidue anni di duro lavoro. Si, perché il libro racconta la Causa di Beatificazione di don Luigi Sturzo: come è nata, quando è avviata, come sorse la esigenza.

STURZO - Copertina

Palladino, sturziano di provata fama, è figlio dell’economista Giuseppe Palladino che di Sturzo fu grande amico ed esecutore testamentario: “è stato sempre il sogno di mio padre [la Causa di Beatificazione per Sturzo, Ndr], che ben conobbe non solo le qualità di grande statista del sacerdote siciliano, ma anche e soprattutto le sue qualità morali, che trasferì in pieno nel campo politico-sociale, accogliendo l’invito fatto da Leone XIII  – rivela Giovanni Palladino ora segretario di “Servire l’Italia” e per anni Presidente del Ciss – Centro Internazionale Studi Sturziani che pubblicava l’ottima rivista “Rinasacimento Popolare”– ed aggiunge:  “mio padre non è riuscito a realizzare il suo sogno e mi ha trasmesso il “testimone”. Io sono stato più fortunato, anche perché siamo riusciti a superare il clima da “esilio culturale” in cui cadde don Sturzo dopo la sua morte avvenuta nel 1959.” Non ci soffermiamo ora sull’esilio culturale –vero, verissimo- subito da Sturzo anche, o forse soprattutto, nella Diccì: ne abbiamo parlato più volte ed ancora vi torneremo. Ed invece vogliamo dire qualcosa in più sul nuovo libro  che racconta,  per la prima volta,  la genesi e la positiva conclusione della fase diocesana della Causa di Beatificazione di don Luigi Sturzo. Un sacerdote che si è sempre battuto in difesa della moralizzazione della vita pubblica.

Il processo sul Servo di Dio don Luigi Sturzo fu aperto dal Card. Camillo Ruini il 3 maggio 2002. Il Giudice Istruttore ha interrogato ben 153 testimoni in Italia, Francia, Inghilterra e Stati Uniti. La Commissione Storica, presieduta dall’Arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, ha svolto un lungo lavoro di analisi sulla lunga e operosa vita di don Sturzo. I censori teologi hanno letto tutta la sua Opera Omnia, composta da oltre 50 volumi, e hanno dato il “nihil obstat”, cioè non hanno trovato nulla che fosse contrario all’insegnamento della Chiesa.

Giovanni Palladino
Giovanni Palladino, autore del libro

“Credo che il 24 novembre ascolteremo un bel resoconto” prevede Palladino. In quel giorno il processo in essere per don Sturzo giungerà al primo importante “traguardo” ossia della fine della lunga istruttoria svolta dal Tribunale del Vicariato di Roma. Da quel momento la causa di beatificazione passerà per il giudizio finale alla Congregazione Vaticana per le cause dei santi presieduta dal Card. Angelo Amato.

La lunga istruttoria: e sono proprio quei “lunghi” 22 anni cui accennavamo in apertura. Me lo diceva, scandendolo, un raggiante Palladino evidentemente soddisfatto e per il libro ma soprattutto per il felice esito della Causa. E da sturziano convinto quale sono (di modestissime proporzioni, s’intende) ho partecipato alla sua gioia. Le 246 pagine del volume sono tutte da leggere: è l’occasione –l’ennesima che Palladino ci offre- di conoscere Sturzo, il più grande politico italiano. E’ questo è un giudizio mio. Quello sulla santità di Sturzo lo darà la Chiesa, quella Chiesa che il Sacerdote siciliano ha sempre amato filialmente e fedelmente ed ubbidendo ad essa anche in situazioni molto difficili. E l’ubbidienza è –e resta- una grande virtù. Checché ne abbia poi detto don Milani che come don Romolo Murri, coevo di Sturzo e suo Confratello ed amico, fu presbitero acuto ma appunto disubbidiente.

E la malapianta del modernismo in quegli anni infetto molti preti: oltre a quelli citati va ricordato Buonaiuti, Semeria, il giovane Dossetti  ed altri meno noti. Ma a differenza di tutti costoro don Luigi Sturzo è rimasto sempre fedele alla Chiesa ed alla sua Dottrina. E la sua celebre frase “devo tutto al Vangelo ed alla Rerum Novarum” resta più che mai emblematica ed attuale.

cosimo de matteis

GIOVANNI PALLADINO, “Don Luigi Sturzo. Maestro di verità e libertà”, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2017, pp.246, euro 19.

24 Novembre 2017 – Chiusura della fase diocesana del Processo di Beatificazione di Don Luigi Sturzo

STURZO - Giovane Sacerdote (2)Per Grazia di Dio giunge al termine la Fase Diocesana del Processo di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Don Luigi Sturzo. Nell’elevare la lode all’Altissimo per questo importante traguardo si vuole qui ricordare una frase del prete siciliano: “sono un Sacerdote non un politico”.

E’ una affermazione abbastanza nota -molti conoscono le frasi di Sturzo, nessuno (o quasi) la sua vita santa ed il suo pensiero. Compresi i politici che dicono di rifarsi a lui- ma che amo qui ribadire.

Questo Sito proverà, in questi giorni, a “celebrare” il lieto evento -che felicemente coincide con il suo compleanno (Sturzo nacque a Caltagirone il 26 Novembre del 1871) – attraverso articoli, illustrando date e dettagli degli appuntamenti romani già programmati ed anche riproponendo vecchi articoli che riteniamo in qualche misura ancora validi ed alcuni scritti del futuro Beato, quelli sì sempre attuali. Pertanto, se lo volete, seguiteci. E che don Luigi Sturzo, dal Paradiso, assista quell’Italia che lui – da Sacerdote e da politico – ha servito con esemplarità.

cosimo de matteis

Perché la DC non ha seguito Don Sturzo?

 

opuscolo cissL’interrogativo è tutt’altro che ozioso, anzi. Esso è alla base di una corretta comprensione del rapporto fra il Partito Popolare di Sturzo e la Democrazia Cristiana. E’ anche il titolo di un un breve saggio di Maria Novella Todaro (CLICCA QUI per leggerlo) che introduce alla riflessione, delicata ma necessaria, sugli errori della Dc. Questi, tanti ed ancor oggi diffusi, sono stati per tempo segnalati: oltre a Sturzo, l’inascoltato per antonomasia, vi è stata una serie di persone che, provvidenzialmente, hanno provato ad ammonire i dirigenti democristiani.

Scrittori come Giovannino Guareschi ed Eugenio Corti, pensatori di indubbio valore e provata ortodossia cattolica come lo stesso Augusto Del Noce (di cui Buttiglione si definisce allievo) hanno costantemente strigliato la diccì: Del Noce anche dal di dentro, per così dire, visto che parlava a Convegni indetti dalla stessa Dc. E poi nei suoi scritti. Ma va ricordato anche Don Luigi Giussani: anche lui aveva visto lucidamente gli errori del partito “cattolico” che ha governato per 40 anni (quaranta!) il nostro Paese. Da non trascurare il lavoro di Don Gianni Baget Bozzo e, con sfumature diverse, quello di Sandro Fontana , Pierluigi Pollini e Giovanni Palladino.

MORRAInfine una menzione a parte merita Gianfranco Morra. il pensatore e scrittore, professore emerito di Sociologia della conoscenza nell’Università di Bologna. Morra ha scritto non moltissimo su Sturzo ma può essere considerato colui che più e meglio di altri -anche dello stesso De Rosa per intenderci- ha compreso Sturzo. Ed ha cercato di farlo comprendere: chi ha voluto farlo ha capito Sturzo, chi non ha letto Morra difficilmente comprende appieno Sturzo. Anzi, fra i tanti -davvero tanti, troppo- pregiudizi ancora persistenti c’è quella capotica e tenace ostilità agli aspetti liberali del pensiero sturziano. E poichè tale ostilità -ideologica ed anche figlia di una non completa ed esatta conoscenza del liberalismo e delle sue diverse sfaccettature – continua ecco che continua anche la avversione a Don Luigi sturzo. E passi se questa   damnatio memoriae è viva nei politici non di ispirazione cattolica: il dramma è che tale ignoranza permane pure in quei pensatori che si dicono cattolici, parlamentari inclusi.

Gli accenti profetici del pensiero sturziano

 

Da “Don Luigi Sturzo. Educatore nella politica, educatore della politica“, un breve saggio di Cosimo De Matteis, riportiamo il capitolo conclusivo intitolato Don sturzo profeta inascoltato

DON LUIGI STURZO

 «Delle grandi personalità è stato detto che nascono postume. Lo si può verificare con Luigi Sturzo. I suoi progetti e le sue battaglie furono tutte premature ed anticipatrici – furono, pertanto, battaglie perdute nel momento in cui le combatteva; e furono, tutte, battaglie vinte alcuni decenni dopo. Così fu  per la fondazione del Partito Popolare Italiano, il cui modello era già pienamente intuito e definito nel 1905, ma che solo nel 1919 potrà realizzarsi; così fu per la sua opposizione al fascismo, che venne premiata con l’allontanamento dall’Italia, dove ritornò vincitore ventidue anni dopo; così fu per la sua critica, intransigente e spietata quanto vera e coraggiosa, del regime consociativo, ch’egli conobbe al suo nascere con la deplorata “apertura a sinistra” e con lo scivolamento di quel partito, la DC, che ben poco aveva ereditato da quello fondato da Sturzo, nella palude del consociativismo.»[1].

«Se don Sturzo avesse vinto, oggi l’Italia sarebbe migliore, con una società più giusta, più civile, più responsabile. Ma questo buon risultato non si è realizzato, perché le tre “malabestie” paventate dal grande sacerdote di Caltagirone (la partitocrazia, lo statalismo e lo sperpero del denaro pubblico) non sono state abbattute sul nascere. Anzi, sono state ben nutrite da una classe politica irresponsabile e sprovvista di quella buona cultura di governo contenuta nel pensiero e nell’azione politica di Luigi Sturzo.»[2].

    Questi due giudizi –di Giovanni Palladino e Gianfranco Morra– ci pare che colgano in pieno due aspetti: anzitutto la grande portata dell’opera di Sturzo e, soprattutto, gli accenti profetici presenti nel pensiero del sacerdote di Caltagirone. L’enorme mole del suo lavoro, l’instancabile e limpido operato di don Luigi Sturzo nei suoi quasi novantanni di vita, crediamo di averlo sufficientemente illustrato in queste pagine,  e lo si è fatto con la “lente” specifica di cogliere la valenza educativa. E ci pare di poter concludere che tale afflato educativo è costantemente e coerentemente presente nella vita e nelle opere di Sturzo.

Vorremmo concludere il presente lavoro rilevando quanto di Sturzo è –o può essere considerato- profetico. Le due citazioni d’apertura non lasciano dubbi e anzi lasciano intravedere una affermazione delle intuizioni e previsioni sturziane ancora da realizzarsi pienamente, particolarmente sul piano politico. Del resto è il destino di chi, meglio e più di altri, sa leggere le situazioni, paventarne gli sviluppi, correggere il tiro, individuare soluzioni. Questo è quanto ha fatto Sturzo, fin dagli inizi del suo operato sociale e politico. Lo abbiamo visto durante tutto il presente lavoro, e nella citazione di Palladino sono riprese alcune di quelle situazioni in cui Don Sturzo aveva visto prima di altri. Così per la fondazione del Partito Popolare, laddove egli aveva ben chiaro il programma e l’organizzazione, almeno una decina di anni prima della effettiva concretizzazione. Ma la sua prudenza e soprattutto l’obbedienza alla Chiesa lo fecero attendere ancora. Ma aveva visto giusto.

    Lo stesso può dirsi della sua lettura del fascismo: Sturzo coglie subito nel nascente regime i rischi cui  andava incontro il Paese,  mentre le masse –e non solo esse- applaudivano al Duce, ritenuto addirittura come “l’uomo della Provvidenza”. E non è un caso che lo stesso Mussolini individua in Sturzo un nemico da eliminare al più presto. Anche qui, il giudizio di Sturzo era stato lungimirante, ma da molti egli fu  inascoltato.

     Sono solo due esempi – ma di grande portata- in cui emerge la capacità di Sturzo di cogliere in anticipo e prevedere gli sviluppi di una situazione. Ma, abbiamo visto, spessissimo egli non venne capito. Certo fu facile, al suo ritorno dall’esilio ultra-ventennale, applaudirlo. Ma quanti si ricordarono che Sturzo aveva avversato e combattuto il fascismo fin dal suo primo sorgere?

     Forse la nostra riflessione può apparire di taglio eminentemente politico: Sturzo era solito dire che la buona politica nasce dalla buona cultura e abbiamo già visto il suo costante impegno per una buona cultura, per una educazione che sia autentica e libera che miri alla coscienza. Alla coscienza della persona, delle classi politiche e dirigenti, e –in definitiva- della nazione.

     Quando egli tornò nell’agone politico (come commentatore e critico dai giornali e poi in Parlamento come Senatore a vita) egli fu prodigo di valutazioni, indicazioni, consigli, sempre in modo schietto e limpido. Ma mai come in questa fase egli fu profeta inascoltato.

Sturzo fu un uomo, un politico scomodo e non per il particolare temperamento che egli possedeva (ma –lo ripetiamo- questo giudizio malevolo sul suo presunto brutto carattere è davvero inconsistente, e semmai continua a rivelare l’astio che in tanti –ancora oggi!- covano verso Don Sturzo) quanto per il suo parlare franco, denunciando abusi e storture: « una delle battaglie più accanite che egli combatté fu quella contro la partitocrazia [non è forse in questo campo un autentico profeta?].

La voce vegliante di Don Luigi Sturzo, spinto esclusivamente da un’alta ispirazione morale, si alzò severa. La sua polemica non fu astratta e teorica, ma concreta e pratica; la sua valutazione non fu superficiale e contraddittoria, ma profonda e giusta. Mentre indicava nel sano sviluppo dei partiti una garanzia preziosa per l’avvenire della democrazia, che non può prescindere dalla loro efficienza, ricordava che i partiti devono essere strumenti di educazione civica del cittadino e non già di formazione e consolidamento di oligarchie e cricche personalistiche.

     Mentre chiedeva che si riducesse il potere dei partiti, esigeva nei parlamentari una forza di carattere, una capacità di disinteresse»[3].

    Oltre alla partitocrazia le sue accorate grida furono lanciate per scongiurare le altre due “malabestie” (era solito definirle così) e cioè lo statalismo[4] e lo sperpero di denaro pubblico[5]. Riguardo la lotta allo statalismo (al mito dello Stato che provvede “dalla culla alla tomba”) siamo in chiaro campo economico –oltre che politico-filosofico- e quindi non ci addentriamo. Tuttavia è un fatto che nel corso del Novecento questo totem dello Stato onnipresente ha pervaso praticamente tutti gli stati dell’Occidente ed il triste pianeta sovietico. Si è visto, poi, quanto deficit ha creato nelle finanze delle nazioni, tale da far pensare non tanto e non solo al ricorso alle privatizzazioni (il che, ad onor del vero, ha i suoi rischi) ma ad un ritorno alla Dottrina Sociale della Chiesa, in particolare alla sussidiarietà.

Sturzo lo aveva detto ed i fatti gli han dato ragione: è fin troppo facile fare l’esempio di Tangentopoli,  sebbene va detto pure che la mitizzata, oramai, “operazione mani pulite” ha degli aspetti oscuri e persino inquietanti, in termini di eccessi e parzialità.

     Il fatto è che l’immoralità politica dilagava e continua a dilagare: Sturzo lo aveva capito al suo albore e coscienziosamente cercava di mettere in guardia da tali rischi la classe politica, particolarmente quella sedicente cattolica: «Sturzo si accorse che il nuovo partito non aveva più l’animazione ideale del vecchio. [cioè il suo Partito Popolare].  Ora un partito non può neppure esistere senza una ideologia, che lo contraddistingue dagli altri e gli attribuisce una identità. Senza una chiara teoria, afferma Sturzo nel solco della filosofia cristiana, non può esserci alcuna prassi efficiente.

Già nel 1924 Sturzo rivendicava il primato delle idee sulla prassi. Riflettendo sulla prassi della Democrazia Cristiana, Sturzo si convinse che gli errori della nuova classe politica guidata dai “professorini” (La Pira, Dossetti,Fanfani, Moro) derivavano da una inconsapevole sudditanza culturale al marxismo, teorizzata anche da altre istituzioni con le quali Sturzo non mancò di polemizzare, come le Acli, i sindacati “cristiani”, la rivista “Aggiornamenti Sociali”(…) Ma furono tutte, quelle di Sturzo, “prediche inutili”, come quelle di Einaudi.

Le tre malebestie, nei decenni successivi alla morte di Sturzo, ingrassano a dismisura e producono alla Prima Repubblica quei disastri, che tutti conosciamo e che Sturzo aveva profetizzato.»[6].

Infine  concludiamo con una profezia che Don Luigi Sturzo fece ai Senatori della Democrazia Cristiana, tratta dal suo ultimo articolo pubblicato su “Il Giornale d’Italia” del 21 luglio 1959, cioè a pochi giorni della sua morte. E’ davvero impressionante come Don Sturzo “vede” lucidamente –quaranta anni prima!- quella che sarebbe stata la fine di quel partito allora florido ed invincibile (apparentemente):

     «Guardate bene ai pericoli delle correnti organizzate in seno alla DC; si comincia con le divisioni ideologiche, si passa alle divisioni personali, si finisce con la frantumazione del partito».

Poteva essere più chiaro di così?

Proprio vero, Sturzo è stato un profeta.  Purtroppo inascoltato.

[1]      G. MORRA,  Sturzo profeta della seconda repubblica, C.I.S.S., Roma, 1999, p.5

[2]    G. PALLADINO, Prefazione a L. STURZO, La libertà: i suoi amici e i suoi nemici, (a cura di M.BALDINI), Rubbettino, Soveria Mannelli, 2001, p.5

[3]       P. STELLA, Luigi Sturzo sacerdote, Pegaso Editore, Caltagirone, 2000 (IV edizione), p.198

[4]      Luigi Sturzo, naturalmente non ha niente contro lo Stato, che costituisce l’organizzazione giuridica della società. Ma una cosa è lo Stato, altra cosa è lo statalismo. Del resto Sturzo ha avuto la precisa consapevolezza che statalismo e partitocrazia erano strettamente congiunte, che il primo (lo statalismo) era lo strumento della seconda (la partitocrazia): l’esempio più evidente  e sconvolgente della associazione di  statalismo e partitocrazia si può trovare in quel ministero, che Sturzo combatté sin dal suo nascere: quello delle Partecipazioni Statali. Ciò che il Ministero delle Partecipazioni Statali rivela è che la classe partitocratica ha oramai tolto del tutto quei limiti all’intervento statale senza i quali non può esservi garanzia di libertà e di efficienza.

[5]   Ecco quanto scrive acutamente Gianfranco Morra: « Dalle nozze dello statalismo e della partitocrazia è nata la terza “malabestia” : lo sperpero del denaro pubblico. Va subito detto che la parola “sperpero” è un eufemismo. Sturzo aveva capito bene quanto grande fosse la corruzione dell’Italia democristiana (…) La nuova classe politica democristiana aveva perduto la forte moralità della vecchia classe politica popolare (fatte tutte le debite eccezioni, a salvaguardia della onestà di alcuni). Sturzo collegava la crisi del popolarismo alla separazione tra morale e politica, nel duplice senso di una politica indipendente dall’etica e di politici che agiscono senza tenere conto dei principi morali. C’è, dunque, una doppia moralità.(…). Per superare questa duplice immoralità, comprende Sturzo, sarebbe necessario soprattutto un mutamento interiore dei politici. Ma non meno necessario è un insieme di regole che renda difficile lo “sperpero”.».G. MORRA,Sturzo profeta della seconda repubblica, Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo (C.I.S.S), Roma, 1999, p.16.

[6]    G. MORRA, cit, pp. 18-19.  In riferimento alla sudditanza culturale dei cattolici (meglio: di una parte del mondo cattolico) nei confronti del marxismo vi è tutta una letteratura che l’ha rilevata, descritta, criticata ecc. Noi qui ci limitiamo a citare due autori – lo scrittore Eugenio Corti e il filosofo Augusto Del Noce, anche essi, come Sturzo, profeti inascoltati- che con la loro lucida analisi hanno denunciato quel complesso di inferiorità che attanaglia certo mondo cattolico progressista. Si vedano, ad esempio, E. CORTI, Il fumo nel tempio, Ares, Milano, 2001 e A. DEL NOCE, I cattolici e il progressismo, Leonardo, Milano, 1994.

TESTATA Popolari Liberali Sturziani

 

 

 

STURZO EDUCATORE

DON LUIGI STURZOCominciamo ad offrire dei brevi articoli che delineano i tratti educativi del pensiero e dell’opera di Don Luigi Sturzo auspicando un positivo riscontro nei lettori di questo sito.

 

Pare assodato, in molti ambiti della riflessione pedagogica, che l’educazione è ovunque.

Fermo restando che questo può apparire uno slogan (e non è inverosimile che venga usato come tale in modo vagamente demagogico o addirittura ideologizzato)

è innegabile che sarebbe fuori dalla realtà circoscrivere l’azione educativa alla scuola

e pochi altri settori prescritti e tassativamente indicati.

La distinzione fra luoghi intenzionali e luoghi non intenzionali

(una distinzione “classica”, un poco “artificiosa” ma, tutto sommato, valida e chiara)

è un buon punto di partenza per addentrarci nel vasto campo dei luoghi dell’educazione.

L’educazione, quindi, è ovunque ma:

  1. non sempre (e non in tutti i luoghi) vi è intenzionalità educativa;
  2.  non sempre (e non in tutti i luoghi) vi è educazione professionale.

Si potrebbe aggiungere anche la distinzione fra spazi educativi e clima educativo, e parimenti introdurre la questione riguardo la presenza o meno di una programmazione .

Tuttavia questo discorso sarebbe molto lungo, ci porterebbe lontano e non è detto che l’approdo sarebbe  chiaro e “pacifico”. Fermiamoci, pertanto, alla distinzione fra luoghi intenzionali e luoghi non intenzionali.

      Ora, è evidente che ci interessano maggiormente questi ultimi ( i luoghi dell’educazione non intenzionali) poiché, in  questa sede, ci stiamo occupando di un uomo che non fu educatore “di professione”, bensì di un sacerdote che, per di più, si è occupato di politica praticamente lungo tutto l’arco della sua vita.

Divisioni fra cattolici – Una riflessione

DON LUIGI STURZOIn questo momento di grande confusione generale a tutti i livelli, specie in politica, se si guardasse di più a don Luigi Sturzo non ci sarebbero le divisioni o i paventati tentativi di divisione di cui ha parlato Adinolfi nell’articolo di ieri sul quotidiano La Croce: “Sono mesi decisivi, l’elezione del presidente della Repubblica è ormai alle nostre spalle, si apre una stagione che potrebbe essere devastante per i temi a noi cari, a partire dalla difesa della famiglia naturale e dal diritto dei bambini a non essere educati all’ideologia del gender, a non subire il trattamento di indottrinamento sul modello della “gioventù hitleriana”, come ha ben detto Papa Francesco. In questa stagione complessa c’è un obiettivo che i laicisti perseguono: la spaccatura tra i cattolici. In questo sport siamo già bravissimi tra noi, se poi qualcuno ci dà pure una “spintarella” la zuffa è assicurata: cattolici “popolari” contro cattolici “democratici”, cattolici “intransigenti” contro cattolici “adulti”, duri e puri contro democristiani. Anche tra le testate cattoliche, ognuna gelosa del proprio orticello, spuntano tentazioni del genere. Noi de La Croce dichiariamo un disarmo unilaterale: sono tutti liberi di sparare contro di noi, noi non risponderemo. Subiremo anche il fuoco amico senza reagire, augurando ai cecchini un pizzico di ragionamento in più prima di premere il grilletto. Noi sappiamo che vogliono dividerci e abbiamo deciso di non cascarci. Non perderemo la bussola. Abbiamo una marcia da compiere, una direzione ben chiara da seguire e sappiamo che aggettivare la parola “cattolici” è l’errore divisivo e mortale da non compiere.” Non è più il tempo delle divisioni tra gli uomini di buona volontà e ancor di più tra cattolici, o meglio, tra le superate correnti ideologiche cattoliche ( democratici, sociali, popolari, intransigenti, adulti, ecc.). Questo è il tempo della semina che per portare frutto deve cadere su un terreno buono, il proprio cuore, in primis, e la propria mente. Per grazia, abbiamo un santo come don Sturzo che andrebbe riscoperto per evitare polemiche e per non perdere la bussola, il Bene comune.
Dario Piccininni